Regista: Robert Dornhelm
Cast: Nicole Cabell, Ioan Holender, Anna Netrebko, Rolando Villazón, Boaz Daniel, Stéphane Degout
Genere: Musicale
Durata: 115 min
Distributore: n.d.
Trama: Nella fredda mansarda di una Parigi di metà Ottocento capace di animarsi tanto dalle intensità del bianco e nero quanto dalla gamma del colore, i due giovani scapigliati Marcello, pittore, e Rodolfo, poeta, vivono alla giornata un'esistenza fatta di piccoli espedienti. Assieme agli amici Schaunard e Colline, riscaldano i loro animi con il fuoco della passione per l'arte e con la forza dell'amicizia. In cerca di una fiamma per il suo lume, un giorno bussa alla porta l'eterea vicina di casa Mimì, giovane fanciulla dal volto pallido e dalla "gelida manina". Troverà luminosità nell'amore di Rodolfo ma dopo aver condiviso con lui ed i suoi amici la romantica precarietà della vita dei bohémien, decideranno, una volta terminato l'inverno e cominciata la "stagion dei fior", di lasciarsi, per proteggere la di lei incolumità e il di lui cuore. Nella sostanziale differenza fra "opera filmata" (la registrazione in presa diretta di un allestimento operistico) e "film-opera" (la rappresentazione di un'opera lirica nel linguaggio del film), quest'ultimo, figlio spurio e delegittimato del suo originale, ha cercato nel tempo di colmare il divario lavorando sulle specificità del cinema con due diverse modalità. Una più sofisticata "linea autoriale" in cui i testi e le composizioni della lirica venivano di volta in volta reinquadrate in forme sublimi dai vari Syberberg, Bergman e Losey; ed una più tradizionale "linea borghese" in cui, come nei vari film-opera di Franco Zeffirelli e Carmine Gallone, i nomi più importanti della lirica del tempo venivano chiamati ad allestire una sontuosa quanto fedele messa in scena dell'opera originaria. Fra queste, Robert Dornhelm (già regista-prodigio di Hollywood vent'anni fa con Echo Park, ma presto dimenticato e passato a dirigere adattamenti letterari per la televisione) assume indubbiamente la seconda ottica, a cominciare dalla scelta di utilizzare per questa fedele trasposizione dell'opera pucciniana due dei cantanti d'opera più famosi del momento: la soprano Anna Netrebko e il tenore Rolando Villazón. Tuttavia, quella che ad un primo sguardo potrebbe apparire come una scelta motivata da mancanza di audacia o eccesso di maniera, si rivela invece la forma più adatta una volta compreso lo strategico disegno di rilancio di diffusione culturale dell'opera di Puccini, progetto suggerito anche dallo sforzo congiunto di più enti televisivi. In questa "teleologia divulgativa", la meticolosa ricostruzione delle rue e dei café parigini negli studi di Vienna è un cosmo tanto artificioso quanto perfetto per diffondere incantamento non al solo pubblico dei melomani, e per far convergere in maniera riguardosa arti e linguaggi differenti come quelli dell'opera, del cinema, della televisione. La Bohéme di Dornhelm rispetta l'opera, proponendola integralmente attraverso un accurato lavoro di sovrapposizione con la registrazione di un'esibizione dell'orchestra Filarmonica di Monaco. Rispetta il cinema, lavorando in formato panoramico verso una forte estetizzazione degli effetti di montaggio e della composizione scenica (perfino eccessiva in più momenti, come in certe soluzioni di continuità fra bianco e nero e colore e nell'uso smodato e smaccatamente enfatico di sovrimpressioni e dissolvenze incrociate). E, soprattutto, porta rispetto verso la televisione. Verso quella buona televisione che lavora col proprio capitale e i suoi migliori attori per avvicinare il pubblico al mondo dell'arte, trattando le istituzioni culturali con una rappresentazione il più possibile aderente all'opera originaria. Certo, da un punto di vista strettamente cinematografico, per poter essere un grande film gli manca un certo grado di inventiva e una maggiore armonia fra forma e contenuto (ed, in questo senso, continueremo a preferirgli una versione che, per quanto non musicale, è senza dubbio la più genuinamente bohémien: Vita da Bohéme di Kaurismaki). Si tratta però di un appunto che perde tutto il suo valore di fronte allo stato attuale delle politiche di diffusione culturale. E in certi tempi è doveroso portare ampio rispetto anche verso quel cinema che si sostituisce alla televisione per ottemperarne i doveri da essa accantonati
Guarda il trailer del film "La Bohème"
Cast: Nicole Cabell, Ioan Holender, Anna Netrebko, Rolando Villazón, Boaz Daniel, Stéphane Degout
Genere: Musicale
Durata: 115 min
Distributore: n.d.
Trama: Nella fredda mansarda di una Parigi di metà Ottocento capace di animarsi tanto dalle intensità del bianco e nero quanto dalla gamma del colore, i due giovani scapigliati Marcello, pittore, e Rodolfo, poeta, vivono alla giornata un'esistenza fatta di piccoli espedienti. Assieme agli amici Schaunard e Colline, riscaldano i loro animi con il fuoco della passione per l'arte e con la forza dell'amicizia. In cerca di una fiamma per il suo lume, un giorno bussa alla porta l'eterea vicina di casa Mimì, giovane fanciulla dal volto pallido e dalla "gelida manina". Troverà luminosità nell'amore di Rodolfo ma dopo aver condiviso con lui ed i suoi amici la romantica precarietà della vita dei bohémien, decideranno, una volta terminato l'inverno e cominciata la "stagion dei fior", di lasciarsi, per proteggere la di lei incolumità e il di lui cuore. Nella sostanziale differenza fra "opera filmata" (la registrazione in presa diretta di un allestimento operistico) e "film-opera" (la rappresentazione di un'opera lirica nel linguaggio del film), quest'ultimo, figlio spurio e delegittimato del suo originale, ha cercato nel tempo di colmare il divario lavorando sulle specificità del cinema con due diverse modalità. Una più sofisticata "linea autoriale" in cui i testi e le composizioni della lirica venivano di volta in volta reinquadrate in forme sublimi dai vari Syberberg, Bergman e Losey; ed una più tradizionale "linea borghese" in cui, come nei vari film-opera di Franco Zeffirelli e Carmine Gallone, i nomi più importanti della lirica del tempo venivano chiamati ad allestire una sontuosa quanto fedele messa in scena dell'opera originaria. Fra queste, Robert Dornhelm (già regista-prodigio di Hollywood vent'anni fa con Echo Park, ma presto dimenticato e passato a dirigere adattamenti letterari per la televisione) assume indubbiamente la seconda ottica, a cominciare dalla scelta di utilizzare per questa fedele trasposizione dell'opera pucciniana due dei cantanti d'opera più famosi del momento: la soprano Anna Netrebko e il tenore Rolando Villazón. Tuttavia, quella che ad un primo sguardo potrebbe apparire come una scelta motivata da mancanza di audacia o eccesso di maniera, si rivela invece la forma più adatta una volta compreso lo strategico disegno di rilancio di diffusione culturale dell'opera di Puccini, progetto suggerito anche dallo sforzo congiunto di più enti televisivi. In questa "teleologia divulgativa", la meticolosa ricostruzione delle rue e dei café parigini negli studi di Vienna è un cosmo tanto artificioso quanto perfetto per diffondere incantamento non al solo pubblico dei melomani, e per far convergere in maniera riguardosa arti e linguaggi differenti come quelli dell'opera, del cinema, della televisione. La Bohéme di Dornhelm rispetta l'opera, proponendola integralmente attraverso un accurato lavoro di sovrapposizione con la registrazione di un'esibizione dell'orchestra Filarmonica di Monaco. Rispetta il cinema, lavorando in formato panoramico verso una forte estetizzazione degli effetti di montaggio e della composizione scenica (perfino eccessiva in più momenti, come in certe soluzioni di continuità fra bianco e nero e colore e nell'uso smodato e smaccatamente enfatico di sovrimpressioni e dissolvenze incrociate). E, soprattutto, porta rispetto verso la televisione. Verso quella buona televisione che lavora col proprio capitale e i suoi migliori attori per avvicinare il pubblico al mondo dell'arte, trattando le istituzioni culturali con una rappresentazione il più possibile aderente all'opera originaria. Certo, da un punto di vista strettamente cinematografico, per poter essere un grande film gli manca un certo grado di inventiva e una maggiore armonia fra forma e contenuto (ed, in questo senso, continueremo a preferirgli una versione che, per quanto non musicale, è senza dubbio la più genuinamente bohémien: Vita da Bohéme di Kaurismaki). Si tratta però di un appunto che perde tutto il suo valore di fronte allo stato attuale delle politiche di diffusione culturale. E in certi tempi è doveroso portare ampio rispetto anche verso quel cinema che si sostituisce alla televisione per ottemperarne i doveri da essa accantonati
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