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venerdì 13 marzo 2009

L'Ultimo Pulcinella

Regista: Maurizio Scaparro
Cast: Massimo Ranieri, Adriana Asti, Valeria Cavalli, Jean Sorel, Domenico Balsamo, Carla Ferraro, Margot Dufrene, Georges Corraface, Antonio Casagrande
Genere: Drammatico
Durata: 89 min
Distributore: n.d.

Trama: Michelangelo è un attore napoletano rassegnato al nuovo e all’incomprensibile che avanza nei teatri. Appesa al chiodo la maschera di Pulcinella e riposto in uno zaino il suo bianco e largo costume, Michelangelo parte alla volta di Parigi per recuperare il rapporto col figlio. Francesco è fuggito da Napoli e dalla casa paterna per scampare ai sicari di un omicidio camorrista, di cui è stato testimone. Nelle banlieues parigine, Michelangelo ritrova suo figlio e scopre un vecchio teatro custodito da Marie, un’attrice milanese che si inventa parigina. Con l’aiuto di un professore della Sorbona, della sua assistente Faiza e dei ragazzi del quartiere, l’attore napoletano (ri)spolvererà poltrone e tavole del palcoscenico, mettendo in scena “l’ultimo pulcinella”, simbolo degli umili e anima del popolo partenopeo e di tutti i popoli offesi. Non sono molti in Italia gli attori di teatro portatori sani del gesto e del corpo intesi come propulsori di ritmo e come elementi centrali dello spazio magico della scena. Massimo Ranieri è uno di quegli artisti, erede della centralità dell’attore interprete e del copione pretesto per la sua performance. È un bene culturale da proteggere, è “spettacolo vivente” pregiato proprio per l’arcaicità che lo fa diverso dalla regola dello spettacolo attuale, cinematografico e televisivo. Ed è esattamente in questo punto, nell’essere valore di una storia secolare, che risiede tutto il limite del film di Maurizio Scaparro, regista teatrale e attuale direttore della Biennale Teatro di Venezia. Se apprezzabile è l’intenzione del regista e dell’attore di superare il dislivello tra nuova e vecchia generazione, tra tradizione e novità, ricostruendo l’immagine di un teatro assente attraverso il cinema, il risultato è modesto e trascurabile. La “scrittura scenica” di Scaparro, Azcona e De Silva e la recitazione autonoma e gonfiata da tormenti romantici e passionali di Ranieri, nel fare teatro non riesce a farsi cinema. Non riesce a fingere, rappresentare, significare, cogliere frammenti di verità dentro la maschera della finzione e dietro la maschera nera e rugosa di Pulcinella. Non c’è integrazione tra i due sistemi di rappresentazione (la finzione scenica dentro la finzione cinematografica), non c’è integrazione tra la recitazione teatrale di Ranieri, marcata, insistita e ridotta a una lunga serie di clichè, e quella cinematografica di Jean Sorel, meno esasperata, più articolata e complessa. Non c’è integrazione ancora tra gli attori e la macchina da presa, che ha disimparato a recitare e a lavorare come interlocutrice principale degli interpreti sul set. Liberamente ispirato a un soggetto inedito di Roberto Rossellini, L’ultimo pulcinella racconta l’urto generazionale: l’ambizione di una piena e pari legittimazione di un figlio e la funzione paterna rintracciabile nella trasmissione di una tradizione, di una maschera di una performance, di un affetto

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